Ancora i numeri
Permane l’onda lunga di grande soddisfazione per la vittoria del biglietto d’oro; ora che sono disponibili i numeri del periodo 1° dicembre 2023 – 30 novembre 2024, emerge più chiaramente l’eccezionale risultato del Modernissimo, che ha venduto 146.000 biglietti (nell’anno precedente, la monosala vincitrice non aveva raggiunto i 100.000 spettatori). C’è poi anche un altro dato che va osservato con attenzione: il Modernissimo è nato come progetto di riconquista cittadina di pubblico, per questo abbiamo sempre sostenuto che la nuova sala non avrebbe sottratto spettatori agli altri cinema bolognesi, anzi avrebbe prodotto un effetto volano. Ebbene, mentre il dato nazionale ci dice che le sale hanno perso nell’ultimo anno lo 0,9% degli spettatori, quelle di Bologna hanno avuto una crescita di 186.644 presenze, pari al 16,28%. C’è poi un’altra bella notizia che conferma quanto successo nel 2023, cioè che anche nel 2024 il film italiano più visto, Il ragazzo dai pantaloni rosa, è stato diretto da una donna, la bolognese Margherita Ferri, che festeggeremo in questo cartellone.
Kurosawa alla Toho
Quello che proponiamo in anteprima al pubblico del Modernissimo e poi a tutti i cinema italiani è un evento importante: i cinque film, in versione restaurata, realizzati alla Toho, tra la fine dei Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, da Akira Kurosawa. Discendente di una famiglia di samurai, conoscitore della cultura occidentale, firma la sua prima regia nel 1942. Il primo film che presentiamo è Cane randagio (1949), un poliziesco serratissimo, con una storia simile a Ladri di biciclette, dove però il derubato è un giovane poliziotto a cui viene sottratta la pistola d’ordinanza. È anche l’inizio di uno dei più leggendari sodalizi della storia del cinema, quello con Toshiro Mifune, e la prima di sei collaborazioni con lo sceneggiatore Ryuzo Kikushima. Il secondo, Vivere (1952), è considerato da alcuni critici il suo capolavoro; mai distribuito in Italia, è un percorso di scoperta di sé, il racconto di un’avventura interiore scatenato dall’approssimarsi della morte. I sette samurai, il film giapponese più noto in Occidente, fu conosciuto all’estero, fino agli anni Ottanta, in una versione mutila di un’ora, dove i samurai erano solo quattro… Mai distribuito in Italia in versione integrale, è un’ode umanista alla resistenza morale contro la sfiducia e la disperazione. Adorato dai contemporanei – Fellini avrebbe modellato il trucco, i vestiti e la camminata di Gelsomina pensando ai samurai – ha influenzato profondamente i grandi ‘riformatori’ del cinema hollywoodiano, da Peckinpah, a Coppola e Lucas. Infine La sfida del samurai (1961) e il suo sequel Sanjuro (1962), due parodie della violenza, opere senza le quali non ci sarebbe stato Sergio Leone e probabilmente nemmeno
Quentin Tarantino.
L’oro di Napoli
Prendiamo da Marotta e De Sica questo bellissimo titolo, perché dopo oltre centovent’anni abbiamo il sospetto che l’oro di Napoli sia il cinema. Il recente successo di Parthenope e di Napoli – New York, non fanno che confermare che nel cinema italiano (e poi nelle fiction e nelle serie) esista un solo genere di eterno successo: Napoli. Nemmeno l’iperesposizione di questi ultimi vent’anni
è riuscita a inquinare una produzione che, a ogni stagione, sorprende per la ricchezza e la diversità di autori, attori, figure emergenti, cui si è aggiunta anche l’unica Factory di cinema d’animazione italiana, la Mad Entertainment. Napoli ha infinite sfaccettature ed è attraversata da forme antichissime di spettacolo dal vivo, dalla commedia dell’arte alla sceneggiata, che non sono, come capita in altre città, baluardo della conservazione, ma antenne per rigenerarsi, per captare la modernità e contaminarsi. Lo spettacolo della città, la capacità di mettersi in scena con ironia e verità, scaturisce fin dalle prime immagini
cinematografiche d’inizio del Novecento; Napoli diventa subito una star del cinema e trova una forma per esprimere la propria unicità, inventando un genere: film muti dove le immagini sono pensate per essere accompagnate dalla grande musica partenopea. Poi, lungo tutto il Novecento e oltre, offrirà scenografie e sostanza vitale a molte opere che hanno segnato la storia del cinema italiano, da Assunta Spina a Viaggio in Italia, per poi diventare capitale della comicità, da Totò a Troisi, ma anche di un cinema nuovo, da Martone a Sorrentino.
Avanguardie storiche
In vista di Arte Fiera 2025, abbiamo preparato un percorso tra cinema ed arte per le pause pranzo di gennaio. Tra la fine degli anni Dieci e l’inizio dei Venti, mentre il cinema, ancora muto, abbandonava la sua infanzia e iniziava a trovare una sua struttura espressiva stabile, in Europa le avanguardie cubiste, dadaiste, surrealiste apportarono alla nuova arte un punto di vista nuovo,
trovando soluzioni che continuano a ispirare il cinema contemporaneo. Introdotti da uno specialista come Rinaldo Censi, potremo vedere le migliori versioni di questi preziosi capolavori con accompagnamenti musicali dal vivo. E in questo gennaio ricchissimo, dopo il successo della rassegna di dicembre dedicata agli anni Zero, ci concentriamo sul decennio successivo, gli anni Dieci del
nuovo secolo. Omaggiamo inoltre la straordinaria carriera di Jacques Audiard, autorevole candidato all’Oscar 2025 col suo Emilia Pérez, proseguiamo l’esplorazione della commedia americana, ricordiamo i novant’anni di Elvis, attraversiamo le varie versioni di Piccole donne, continuiamo gli appuntamenti con le lezioni imperdibili di Roy Menarini, Michele Smargiassi, Angelo Varni, Marco
Antonio Bazzocchi. E siamo lieti di accogliere, per la prima volta al Modernissimo, una voce che ha segnato la letteratura italiana, quella di Dacia Maraini.
Buon 2025 a tutte e a tutti!
Gian Luca Farinelli