Il barone Cefalù s’invaghisce della bella cugina e per averla spinge la moglie fra le braccia di uno spasimante. Potrà così ucciderla con una pena simbolica invocando il ‘delitto d’onore’. Dietro la farsa grottesca, il più moralista (nell’accezione più alta del termine) dei registi italiani imbastisce un feroce atto d’accusa nei confronti di una pratica medioevale allora ‘tollerata’ dal nostro codice penale. Mastroianni – che Germi riteneva inadatto al ruolo dopo i fasti della Dolce vita – è strepitoso nei panni dell’impomatato nobiluomo siciliano, di cui inventa un tic che diventerà leggendario.
Con tre nomination e un Oscar per la miglior sceneggiatura, divenne un successo internazionale ispirando il nome del filone della commedia all’italiana.