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(Szegénylegények, Ungheria/1966) di Miklós Jancsó (87')
Il governo austroungarico si appresta a sterminare quel che resta dei ribelli di Kossuth, i combattenti della libertà, gli uomini di Sándor. È il punto di partenza di un gioco crudele tra gatto e topo, una lezione sulla soppressione dell’identità. La psicologia è spazzata via, tutto si concentra sul sistema e sulla storia, sulla burocrazia e sull’opportunismo, sulle utopie che non hanno avuto futuro. Gli eventi hanno luogo nel decennio che si apre con il 1860, ma, nelle parole di Jancsó, ‘tutti sapevano che si stava parlando degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento’. I disperati di Sándor fu la prima manifestazione di un ‘metodo’ destinato a diventare leggenda del cinema moderno: rinnovamento del montaggio, trasferito all’interno del piano-sequenza” (Peter von Bagh).
Copia proveniente da Magyar Nemzeti Digitális Archívum és Filmintézet