Lo squalo

(Jaws, USA/1975) di Steven Spielberg (125')
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Lo squalo

(Jaws, USA/1975) di Steven Spielberg (125')

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Che cosa rappresenta simbolicamente lo squalo che attacca e uccide i bagnanti dell’isola di Amity nella lunga estate calda del 1974? Da quando il mostro è passato dalle pagine del romanzo di Peter Benchley alle immagini del secondo lungometraggio per il cinema di Steven Spielberg le ipotesi si sono susseguite, spesso in contrasto l’una con l’altra: oggetto psicanalitico e politico (sarà un caso che negli anni in cui il Watergate mette in crisi la democrazia americana, il sanguinoso culmine delle ragioni del profitto avvenga proprio nella data simbolica del 4 luglio?), patriarcale e misogino, ecologista (la natura che reclama il proprio spazio) o antianimalista (con tanto di recente mea culpa del regista per la cattiva fama procurata dal film ai grossi pescioni degli abissi).
Quello che è certo è che lo squalo fa molta paura, nella sua forma più pura e ancestrale: una paura del non visibile, di un pericolo in agguato che, anche grazie all’uso delle musiche di John Williams, possiamo solo sentire arrivare. Qualcosa di simile alla paura del buio, ricreata però da Spielberg nel pieno sole delle spiagge del New England.
A volte però il nostro sguardo si sovrappone a quello dello squalo: le soggettive dal punto di vista dell’aggressore ci coinvolgono in prima persona, rendendoci in qualche modo colpevoli della violenza che sta per essere perpetrata. Insomma, nello Squalo lo spettatore ha paura perché vede troppo o troppo poco.
Lo Spielberg che ci guarda dalle foto del set, in posa con lo squalo meccanico che tanti problemi diede alla produzione, è un ragazzo poco più grande del suo alter ego nel finale di The Fabelmans, ma sa già molto bene dove “mettere l’orizzonte”, come distinguere tra inquadrature noiose e interessanti. Colpisce ancora la perfetta costruzione della suspense, quasi insostenibile nella scena sulla spiaggia affollata: uno Psycho riletto con la libertà degli anni Settanta, già pronti a buttarsi a capofitto negli Ottanta. Perché Lo squalo è anche il primo blockbuster della storia del cinema, che anticipa di poco quelle Guerre stellari che avrebbero spazzato via definitivamente la New Hollywood. Tante cose, per un semplice film di paura.
Gianluca De Santis



Ho scelto di fare un film che raggiungesse il pubblico a due livelli. Il primo livello era un colpo al plesso solare, e il secondo era un uppercut, proprio sotto il naso; era proprio una doppietta per far fuori l’avversario. Non ho mai avuto in mente niente di più profondo di questo, perché quando lessi il libro mi divertii un sacco e quando cominciai a rivedere la sceneggiatura mi divertii anche di più. E mi dissi, farò un film da urlo primigenio.
Steven Spielberg

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