Quién sabe?

(Italia/1966) di Damiano Damiani (118')
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Quién sabe?

(Italia/1966) di Damiano Damiani (118')

Restauro :

Restaurato in 4K da Cineteca di Bologna, Museo Nazionale del Cinema di Torino, Filmoteca Española e CSC – Cineteca Nazionale, in collaborazione con Surf Film, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata

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Sog., Scen.: Salvatore Laurani. F.: Tony Secchi. M.: Renato Cinquini. Scgf.: Sergio Canevari. Mus.: Luis Enriquez Bacalov. Int.: Gian Maria Volonté (El Chuncho), Lou Castel (Bill Tate Niño), Martine Beswick (Adelita), Klaus Kinski (El Santo), Carla Gravina (Rosaria), Andrea Checchi (Don Felipe), Jaime Fernández (generale Elías), Aldo Sambrell (Álvaro), Spartaco Conversi (Eufemio), Santiago Santos (Guapo). Prod.: Bianco Manini per M.C.M. DCP. Col.


Quién sabe? non è un western. […] Il western appartiene alla cultura protestante nordamericana. Se uno esce dalla cultura protestante nordamericana non fa più un western. A sud del Rio Grande non c’è il West, c’è il Messico. […] Quién sabe? è un film sulla rivoluzione messicana, ambientato nella rivoluzione messicana, e quindi è chiaramente un film politico e non poteva non esserlo.

Damiano Damiani, in L’avventurosa storia del cinema italiano. Da La dolce vita C’era una volta il West, volume terzo, a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Edizioni Cineteca di Bologna, Bologna 2021

Archiviata la questione dell’etichetta (western o no?), Quién sabe? (che sarà nato anche nel ricordo leggendario di Viva Zapata! di Kazan) diventa immediatamente un modello parallelo e alternativo a Sergio Leone per un western italico di ambientazione messicana, di spirito terzomondista, populista e guerrigliero […]. A Damiani, tuttavia, la logica del genere non interessa: e non solo perché non prosegue sulla stessa strada (e anzi, quando nel 1975 dirigerà un vero spaghetti-western, Un genio, due compari, un pollo, di Quién sabe? non ci sarà neanche il ricordo). Di El Chuncho, prima bandito e assassino e poi rivoluzionario in fieri, gli interessa la presa di coscienza, l’umanità generosa, le contraddizioni, non l’icona di eroe. La sequenza più significativa, e di cui non si troverebbe corrispettivo negli altri film del filone, ruota attorno a un problema morale   e spinoso, per cui il Messico è solo un contesto come un altro: ossia l’eliminazione della classe dirigente una volta fatta la rivoluzione. La sorte del latifondista Don Felipe, fucilato (fuori campo) e poi ridotto a cosa, cadavere buttato per strada in mezzo all’immondizia mentre il popolo festeggia e ci si è ormai dimenticati di lui, mostra ciò che interessa davvero a Damiani: riflettere sulle contraddizioni della Storia, sull’inevitabilità e l’insensatezza della violenza. E lo fa senza usare una parola di commento, senza una didascalia. Allo stesso modo, alla fine, El Chuncho ucciderà l’americano che detesta il Messico: non sa perché lo fa, ma sa che va fatto.


Alberto Pezzotta, Regia Damiano Damiani, Cinemazero, Pordenone 2004


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(In caso di pioggia, la proiezione si sposterà al Cinema Lumière)


Serata promossa da Avis

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