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Ma la commedia è poi davvero un genere? O piuttosto una disposizione dello sguardo, un’irragionevole promessa di felicità, una certa messinscena del conflitto, un patto con il lieto fine che dovrà sempre negoziare con le sue ombre? La commedia è tragedy plus time, diceva Lenny Bruce, e poi Woody Allen. Per la lunga rassegna che attraversa la storia della commedia americana, dagli inizi all’altro ieri, questo è il filo che abbiamo scelto. Seguire la complessità della commedia, la sua tensione a contraddirsi, il suo scivolare dentro perimetri narrativi diversi, soprattutto il suo ontologico intreccio con il dramma, e tuttavia la sua capacità di farci uscire dalla sala con il conforto di un sorriso, sempre, anche quando il sorriso non è lontano dalla possibilità d’una lacrima. L’ispirazione l’ha fornita A Woman of Paris, guardate bene quel finale (il vero finale, non il colpo di pistola) e non ci sarà prova migliore di quel motto, tragedy plus time. Un prologo svedese, tanto Lubitsch, stravaganze sofisticate, woman’s films, Audrey Hepburn, new american cinema, tutto da vedere, tutto da rivedere, e tanto per ripeterci, sullo schermo del Modernissimo sarà un’altra cosa. Buon Natale!, come disse una volta per tutte George Bailey, e si prosegue a gennaio. (Paola Cristalli)
(Lady Windermere’s Fan, USA/1925) di Ernst Lubitsch (88′)
(A Woman of Paris, USA/1923) di Charlie Chaplin (88′)
(Trouble in Paradise, USA/1932) di Ernst Lubitsch
(USA/1939) di Ernst Lubitsch (110′)
(Angel, USA/1937) di Ernst Lubitsch (91′)
(USA/1939) di Ernst Lubitsch (110′)
(The Philadelphia Story, USA/1940) di George Cukor (112′)
(The Shop Around the Corner, USA/1940) di Ernst Lubitsch (99′)
(It’s a Wonderful Life, USA/1946) di Frank Capra (131′)
(A Woman of Paris, USA/1923) di Charlie Chaplin (88′)
(The Graduate, USA/1967) di Mike Nichols (105′)
(All about Eve, USA/1950) di Joseph L. Mankiewicz (138′)
(Trouble in Paradise, USA/1932) di Ernst Lubitsch
(Breakfast at Tiffany’s , USA/1961) di Blake Edwards (115′)
(The Philadelphia Story, USA/1940) di George Cukor (112′)
(The Graduate, USA/1967) di Mike Nichols (105′)