Caligari e l’espressionismo

Il termine ‘espressionismo’ è più facile da sbandierare che da definire. Generazioni di autori lo hanno applicato a Das Cabinet des Dr. Caligari e a una buona parte del restante cinema tedesco degli anni Venti senza soffermarsi troppo ad analizzarlo. Dal canto suo, Lotte Eisner, storica dell’arte prima di diventare storica del cinema, pur dedicando un intero volume all’espressionismo cinematografico, restò colpita dalla sua “complessità e ambiguità… orientarsi nella fraseologia ingarbugliata degli espressionisti tedeschi non è cosa facile”.
Il termine non delimitò mai una scuola o uno stile chiari e distinti: “L’espressionismo”, scrisse uno dei suoi esponenti, Herwald Walden, fondatore della galleria Sturm e dell’omonima rivista, “non è né uno stile, né un movimento; è una Weltanschauung“. Le sue manifestazioni erano numerose quanto i gruppi ‘espressionisti’ che spuntarono un po’ ovunque in Germania e nell’Austria-Ungheria. L’espressionismo adottò, assorbì o fu variamente influenzato da fauvismo, cubismo, futurismo e, nel tempo, dal costruttivismo. I gruppi si scioglievano, si riformavano, dissentivano, coniavano definizioni: l’espressionismo di Kandinskij era “estensivo”, quello di Pechstein “intensivo”. Tra i primi gruppi, Die Brücke a Dresda respinse qualsiasi programma formale, mentre Der Blaue Reiter a Monaco insistette per formulare il proprio. Le loro attività non si limitavano alle arti visive. C’erano una letteratura e una drammaturgia espressioniste, e vi furono pittori e scultori come Kokoshka, Kubin, Meidner, Barlach e Gütersloh che scrissero anche poesie, racconti e opere teatrali. […]




Tuttavia, quando il termine ‘espressionismo’ è riferito al teatro e al cinema si produce una certa confusione semantica, brevemente analizzata da John Willett; il termine, spiega, ha diversi significati che differiscono in base al contesto (e in parte al paese) in cui vengono utilizzati. L’espressionismo può essere:

1. una caratteristica comune all’arte, alla letteratura, alla musica e al teatro tedeschi, dall’inizio del Novecento a oggi;
2. uno specifico movimento tedesco databile tra il 1910 e il 1922;
3. un carattere di enfasi espressiva e deformazione che può essere rintracciato in opere di qualsiasi autore o periodo.

Willet distingue il secondo significato scrivendolo con la ‘e’ maiuscola. In Caligari e nei film che ha successivamente ispirato – così come nelle produzioni teatrali espressioniste degli anni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale – Espressionismo ed espressionismo (del terzo tipo) sono di frequente fusi e confusi.





La concezione del Caligari guardava al teatro più che alle fondamentali radici estetiche e filosofiche delle arti plastiche espressioniste. I drammaturghi più rappresentativi del teatro espressionista sono Georg Kaiser, Ernst Toller, Walter Hasenclever, Carl Sternheim, Fritz von Unruh e Reinhard Goering. Il teatro espressionista esigeva una mise en scène espressionista. Nei mesi immediatamente precedenti la produzione del Caligari si assisté a un moltiplicarsi degli allestimenti scenici espressionisti: a Berlino, Reinhardt produsse nel 1918 Der Sohn di Hasenclever e nel gennaio 1919 Von Morgens bis Mitternachts di Kaiser, Heinrich George mise in scena Hölle, Weg, Herde di Kaiser, mentre al teatro Tribüne, che ebbe vita breve, fu rappresentato il primo dramma di Ernst Toller Die Wandlung; a Mannheim, Weichert allestì Der Sohn con scenografie di Ludwid Siewert. Il confronto tra i bozzetti e le fotografie di queste produzioni e le immagini del Caligari suggerisce che lo stile ‘espressionista’ delle scenografie del film fu influenzato da tali allestimenti.
Il pubblico del 1920 era davvero così impreparato alle novità stilistiche del Caligari come fu ricordato in seguito (per esempio da Lang)? Parrebbe improbabile. Nel 1920 l’espressionismo non era già più una pericolosa avanguardia ma un fenomeno alla moda. Nel 1919 Kasimir Edschmid lamentava che l’espressionismo “oggi lusinga ed edifica figlie di ecclesiastici e mogli di industriali… Quel che un tempo era sembrato un gesto audace è oggi consuetudine. La spinta in avanti dell’altro ieri è diventata la trovata ingegnosa di ieri e il grande sbadiglio di oggi”. Le opere d’arte e gli allestimenti teatrali espressionisti finivano ormai sulle riviste illustrate. L’espressionismo si era diffuso tra la gente. Durante la rivoluzione il pubblico aveva acquisito familiarità con i manifesti propagandistici di Max Pechstein, Heinz Fuchs, César Klein e del futuro regista sperimentale Hans Richter. Aspetto ancor più importante, fin dal 1918 le sale cinematografiche berlinesi e soprattutto il Marmorhaus, che avrebbe ospitato la prima mondiale del Caligari, avevano fatto ampiamente ricorso alla grafica espressionista di Josef Fenneker: le sue opere erano così famose che solo tra il 1919 e il 1920 produsse più di cento locandine. In quegli anni, un esempio ancor più sorprendente del fascino esercitato sul popolo dallo stile modernista fu la nuova decorazione in stile espressionista del Luna Park di Berlino, che conferì alla celebre fiera un’eclatante somiglianza con la Hostenwall del Caligari. Anziché spaventare e sfidare il pubblico, dunque, l’espressionismo doveva ormai rappresentare una piacevole attrazione quando Meinert e Wiene accettarono la proposta di Warm, Reimann e Röhrig di realizzare le scenografie del Caligari “in stile espressionista”. […]





La critica e il pubblico degli anni Venti non dubitarono che Caligari fosse un’autentica manifestazione dell’espressionismo, un’importante estensione della nuova arte a un nuovo mezzo espressivo. In una prospettiva storica più ampia – e soprattutto alla luce della sceneggiatura di Mayer e Janowitz – siamo oggi portati a concludere che lo stile espressionista era davvero semplicemente un “abito con cui vestire l’opera”. Nella sceneggiatura originale non è presente alcun contenuto espressionista. La trama avrebbe potuto essere gestita nello stile naturalista delle storie poliziesche allora assai popolari. Il viluppo di linee, le forme zigzaganti e le strutture follemente sghembe, che il pubblico già conosceva grazieai cartelloni pubblicitari e alle nuove stravaganti fantasie tessili, avevano un ruolo decorativo che ricordava la meticolosità con cui gli stessi artisti avevano progettato le scenografie di Die Pest in Florenz ispirandosi al Quattrocento italiano.
E in questo non c’è Informazione non presentea di disdicevole; anche se l’Espressionismo con la ‘e’ maiuscola ci appare oggi sotto forma di pastiche, le scenografie, i costumi e la recitazione sono innegabilmente espressionisti, di un espressionismo con la ‘e’ minuscola, e traggono valide lezioni dalla pratica teatrale. La cella in cui è rinchiuso Straat esemplifica l'”l’enfasi e la distorsione espressive” descritte da John Willett. Per citare la felice frase di Kracauer, “le scenografie realizzano una perfetta trasformazione di oggetti materiali in decorazioni emotive”.

David Robinson, Das Cabinet des Dr. Caligari, BFI, London 1997; traduzione dall’inglese di Manuela Vittorelli