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“Dacci dentro, figliolo, hai dentro di te qualcosa che apre al teatro prospettive immense”, gli scrisse Tennessee Williams dopo l’ultima replica di Un tram che si chiama desiderio. Ma non era quello il destino. Il destino di Marlon Brando jr., nato cent’anni fa a Omaha, Nebraska, si sarebbe giocato tutto sullo schermo, dove fu il più vibrante corpo del Metodo, e tante altre cose: Giulio Cesare e Napoleone, messicano e giapponese, biker ribelle e giovane leone nazista (e “l’orrore, l’orrore” se lo sarebbe portato con sé fino a Kurtz). Quel corpo solido e sensuale, quel broncio invecchiarono e si dilatarono, e lui diventò il Padrino, un attimo prima di sperimentare parecchie variazioni sul tema eros e thanatos in un certo appartamento parigino. Il segreto di Brando? “Era un genio, assorbiva tutto per osmosi”, disse Kazan; e Natalia Aspesi, ma erano tanti anni fa, osò chiamarlo “l’orco meraviglioso che sapeva far sentire alle donne, agli uomini, perché si era donne, perché si era uomini” (Paola Cristalli).
(A Streetcar Named Desire, USA/1951) di Elia Kazan (122′)
(Julius Caesar, USA/1953) di Joseph L. Mankiewicz (120′)
(USA/2019) di Francis Ford Coppola (183′)
(The Missouri Breaks, USA/1976) di Arthur Penn (126′)
(Italia-Francia/1972) di Bernardo Bertolucci (126′)
(On the Waterfront, USA/1954) di Elia Kazan (108′)
(The Godfather, USA/1972) di Francis Ford Coppola (175′)
(GB/2015) di Steven Riley (102′)
(On the Waterfront, USA/1954) di Elia Kazan (108′)
(USA/2019) di Francis Ford Coppola (183′)
(A Streetcar Named Desire, USA/1951) di Elia Kazan (122′)
(The Missouri Breaks, USA/1976) di Arthur Penn (126′)
(Italia-Francia/1972) di Bernardo Bertolucci (126′)
(USA/2019) di Francis Ford Coppola (183′)
(The Godfather, USA/1972) di Francis Ford Coppola (175′)