Descrizione
È una storia di fantasmi, sono fatti di luce e si trovano lì, sotto piazza Maggiore. Mia madre ci andava da bambina, prima della guerra. Mi ha raccontato gli affreschi, i cantanti dilettanti e il cinema. Lo ha anche sognato: due ragazze giovani le vengono incontro per mostrarle dei vestiti, indossano questi abiti, il colore è quello della rosa canina, il tessuto che vestono è una trasparenza e mi sono svegliata con quel colore sempre davanti agli occhi, un po’ rosa un po’ bianco, un colore stupendo e, dicevo, ma come faccio a scegliere, siete tutte e due talmente belle!
Quando ci sono entrato per la prima volta, al centro della sala c’era una betoniera che girava lentamente, in fondo due muratori si muovevano come gatti. Ho desiderato subito disegnarli. Gian Luca ha detto, “e se diventasse un filmino?”. Lorenzo mi ha regalato tutte le fotografie che ha fatto nel cantiere, tracce archeologiche stratificate nel tempo che rimarranno per sempre sotto l’intonaco e gli affreschi del Modernissimo.
Così ho cominciato ad animare i fantasmi. Ho disegnato una coppia di amici, sono entrati nella sala danzando il ballo dell’amore. Quando sono usciti è entrata di spalle Elena, ginnasta ritmica: è lo spettacolo di fine anno, ha sette anni ma mentre la disegno cambia continuamente, diventa adulta davanti ai miei occhi.
La betoniera continua a girare con un moto cosmico, al suo interno – nel buio – nuota una medusa bianca, luminosa come una bolla di latte. Vicino a lei un cavallo bianco scuote lentamente la criniera, c’è anche un etrusco dietro il ponteggio e altri amici, fantasmi cinematografici che attraversano la sala. Voglio animare le scene che ho in mente, non so se farò in tempo ma tutti i disegni saranno nella mostra del Sottopasso insieme agli esperimenti che ho fatto in questi anni, animando e filmando le cose che vedo.
Qualche anno fa ho cominciato a filmare per utilizzare certi movimenti fisici nel disegno animato. Uso una macchinetta fotografica che sta in mano come una matita. Questa pratica ha cambiato il mio modo di guardare. In fondo è semplice: cerco di mettermi in asse con loro, cerco un punto di vista, l’altezza e la distanza giusta per riuscire a vederli davvero. È importante anche capire quale luce li bagna. Così sono entrato in una stanza che non conoscevo, piena di possibilità, attraversata dalla vita, e mossa – come dire – dallo spazio/tempo.
I filmini disegnati, alcuni cortometraggi in stop motion con pupazzi e animali cuciti che faccio con Ericailcane, qualche mediometraggio politico, tutti questi piccoli esperimenti con l’immagine/movimento cerco di farli seguendo un’urgenza, una necessità interna che mi è indispensabile per vedere meglio le persone, gli animali, la comunità che viene nella vita organica.
Stefano Ricci