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Nel solco della mostra Georges Simenon. Otto viaggi di un romanziere, abbiamo scelto stavolta una strada laterale: invece di seguire Maigret e le tante trasposizioni dalle pagine dello scrittore belga, ci siamo avventurati nel territorio più vasto e sfaccettato del noir alla francese, il polar. Nato dall’incontro fra roman policier, noir americano e sensibilità europea, il polar ha conquistato un’identità autonoma, riconoscibile per l’eleganza dello stile, la precisione degli ambienti, la tensione morale e i personaggi complessi e disillusi, interpretati da volti leggendari come Lino Ventura, Michèle Morgan, Philippe Noiret, Serge Reggiani, Jeanne Moreau, Jean-Paul Belmondo, Alain Delon e, sopra tutti, Jean Gabin.
Da Melville a Clouzot, da Becker a Sautet, questi film interrogano un’idea di giustizia ambigua, fondata su codici personali e solitudini irredimibili. Apriamo il percorso con tre pilastri del realismo poetico degli anni Trenta – Il bandito della casbah, Il porto delle nebbie, Alba tragica – che ne tracciano già le coordinate: atmosfere crepuscolari, fatalismo, luoghi chiusi e destini ineluttabili. Prima ancora che il termine polar fosse coniato, il cinema francese ne aveva già trovato l’anima.
(Pépé le Moko, Francia/1936) di Julien Duvivier (94′)
(Le Jour se lève, Francia/1939) di Marcel Carné (93′)
(La piscine, Francia-Italia/1969) di Jacques Deray (116′)
(Touchez pas au grisbi, Italia-Francia/1954) di Jacques Becker (94′)
(Bob le flambeur, Francia/1956) di Jean-Pierre Melville (98′)
(Le Corbeau, Francia/1943) di Henri-Georges Clouzot (93′)
(À bout de souffle, Francia/1960) di Jean-Luc Godard (90′)
(Max et les ferrailleurs, Francia/1971) di Claude Sautet (92′)
(Le Désordre et la nuit, Francia/1958) di Gilles Grangier (93′)
(Le Quai des brumes, Francia/1938) di Marcel Carné (91′)
(Le Samouraï, Italia-Francia/1967) di Jean-Pierre Melville (105′)